La Commissione europea definisce la conciliabilità in questi termini:
“L’introduzione di azioni sistemiche che prendono in considerazione le esigenze della famiglia, di congedi parentali, di soluzioni per la cura dei bambini e degli anziani, e lo sviluppo di un contesto e di un’organizzazione lavorativa tali da agevolare la conciliazione delle responsabilità lavorative e di quelle familiari per le donne e gli uomini”.
L’equilibrio vita e lavoro (work-life balance) è un concetto recente e molto ampio. Nato negli anni ’70, si riferisce alla capacità e alla possibilità di bilanciare in modo equilibrato il lavoro e la vita privata di donne e uomini. Oggi, la vera ricchezza è il tempo e le aziende lo sanno. Come evidenziano numerose ricerche, sempre più chi si trova a cercare un lavoro attribuisce uguale importanza al work-life balance e alla componente retributiva.
C’è di più. Il bisogno di una migliore conciliabilità tra dimensione privata e professionale si impone anche in forza dei cambiamenti che investono l’offerta di forza lavoro, sempre più diversificata in termini di genere, età, formazione, e la famiglia. Siamo di fronte infatti a un mercato del lavoro sempre più popolato da madri, genitori single e coppie ‘a doppia carriera’ e cresce il numero di donne e uomini con responsabilità di cura non più solo verso i figli, ma anche verso famigliari anziani e non autosufficienti.
Il risultato è che sempre più soggetti combinano, almeno in una fase della loro vita, l’impegno professionale con responsabilità di cura e di assistenza.
Sebbene la conciliazione tra vita familiare e attività lavorativa sia un’esigenza avvertita in misura maggiore dalle donne che dagli uomini, in realtà riguarda e beneficia gli uni e le altre. In altri termini, la conciliabilità va considerata una questione di famiglia, in cui uomini e donne si sentono e sono ugualmente coinvolti. Perseguire obiettivi di conciliabilità significa, infatti, favorire un’armonia nelle scelte delle coppie rispetto alle loro aspirazioni non solo come individui, ma anche come famiglia.
Se declinata solo al femminile, agendo nell’ottica di trovare unicamente soluzioni su misura per le donne, la conciliabilità rischia di essere non solo discriminatoria (andando a rafforzare la segregazione esistente nel mercato del lavoro) ma anche inefficace.
È importante dunque pensare e agire in termini di genitorialità al lavoro, sostenendo così un cambiamento culturale – che non è ancora del tutto maturato – in merito ai ruoli di genere in famiglia, nel mondo del lavoro e più in generale nella società.
Dal punto di vista delle aziende la conciliabilità può rappresentare un driver di crescita, sia in termini reputazionali che di efficientamento dei processi lavorativi e di produttività interna.
Investire nel benessere dei propri dipendenti, nella loro qualità di vita può comportare, infatti, molteplici vantaggi, osservabili ad esempio:
Perché l’investimento in conciliabilità sviluppi tutti i vantaggi ora delineati, occorre tenere conto di due passaggi propedeutici fondamentali: procedere dapprima alla sensibilizzazione e formazione delle diverse funzioni aziendali e, successivamente, a un’approfondita analisi dei bisogni della forza lavoro.
In ambito aziendale si possono individuare almeno quattro principali aree di intervento a sostegno della conciliabilità:
Dal 1° luglio 2005 è stato introdotto per tutte le lavoratrici in Svizzera il congedo maternità, basato sul sistema dell’indennità per perdita di guadagno (IPG), lo stesso sistema utilizzato per compensare la perdita di guadagno derivante dallo svolgimento del servizio militare.
Il congedo maternità è regolato nella Legge federale del 25 settembre 1952 sulle indennità di perdita di guadagno per chi presta servizio e in caso di maternità (Legge sulle indennità di perdita di guadagno, LIPG). Tale sistema esclude però le donne che non esercitano un’attività lucrativa.
Le donne salariate hanno diritto all’80% del salario medio percepito prima del parto. Le donne indipendenti hanno anch’esse diritto all’80% del redito medio annuo.
L’indennità di maternità è versata come indennità giornaliera, ma al massimo Fr. 196.– al giorno. L’indennità giornaliera massima è versata a chi consegue un salario mensile di 7’350 franchi (7’350 x 0,8 / 30 giorni = 196 franchi al giorno) o, nel caso di una lavoratrice indipendente, un reddito annuo di Fr. 88 200.– (88’200 x 0,8 / 360 giorni = 196 franchi al giorno).
La madre ha diritto all’indennità di maternità a partire dal giorno del parto. L’indennità viene versata durante 14 settimane, ossia 98 giorni. Se la madre riprende a lavorare prima della scadenza delle 14 settimane, anche solo parzialmente, non avrà più alcun diritto all’indennità. Non è quindi possibile interrompere il congedo maternità e riprenderlo in seguito.